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Mag 29, 2022 Lifestyle, Società
Grande giornalista e apprezzato storico del giornalismo, laureato in giurisprudenza all’Università di Genova, Paolo Murialdi inizia la sua attività al Secolo XIX. Già giovane praticante giornalista, si ribella e non intende ritornare al lavoro nella redazione del giornale, disobbedendo così all’intimazione imposta dal sequestratario fascista del quotidiano. Poi si rifiuta di aderire alla Repubblica di Salò ed entra nelle file della Resistenza. La scelta partigiana è la conseguenza di un percorso travagliato che inizia dal disgusto nell’osservare le frivole parate fasciste e nell’avversione manifestata in occasione delle leggi antiebraiche del 1939, emanate dal regime fascista, fino alla convinzione, irrevocabile, che occorra passare all’azione e combattere contro il fascismo ed il nazismo per liberare l’Italia. Per lui questa scelta diventa un impegno etico, ideale e pratico.
E’ indirizzato nella zona di Voghera dall’amico Italo Pietra (nome di battaglia Edoardo). Inizia così la sua attività di combattente nelle file della brigata Garibaldi “Casotti” che opera nell’Oltrepò Pavese. La Brigata è composta da tanti comunisti, ma il comandante è il nobile oltre padano Luchino Dal Verme (nome di battaglia Majno) ed il vice comandante diventa proprio Paolo Murialdi che mantiene il proprio nome, come nome di battaglia. Il suo incarico principale è quello di mediare tra le varie formazioni partigiane (a volte molto conflittuali), tenendone i collegamenti tra di loro e tra queste e gli alleati. Tra l’altro, riesce a convincere alcuni militari cecoslovacchi, combattenti a fianco dei tedeschi, a passare dalla parte partigiana.
Negli anni successivi alla guerra s’impegna nella raccolta di materiali sulla Resistenza per un numero speciale della rivista Mercurio. Si tratta di un mensile di Politica, arte e scienze, diretto da Alba De Cespedes e da Gino De Sanctis con i quali Murialdi collabora direttamente. Il numero monografico della rivista, che esce con il sottotitolo Anche l’Italia ha vinto (alludendo esplicitamente alla Resistenza), è una collezione di racconti e memorie partigiane scritte da vari autori, tra cui spiccano i nomi di Italo Pietra, Enrico Mattei, Pietro Bianchi, Attilio Bertolucci, Arturo Tofanelli, Alfonso Gatto, Elio Vittorini, Indro Montanelli e dello stesso Murialdi, che firma l’Articolo Quaranta cechi. Si tratta del resoconto in cui il giornalista racconta la menzionata diserzione del gruppo di militari cechi dall’esercito tedesco alla sua brigata. Murialdi descrive gli eventi ricordando dettagliatamente quella notte di pioggia e fango vicino al Po, descrivendo una storia di guerra partigiana e di un colpo di mano inteso a favorire la diserzione dei soldati cechi messi a guardia dei traghetti sul fiume Po e subito diventati “fratelli” nel giro di poche ore.
Negli anni successivi al conflitto, rifiuta l’iscrizione al Partito Comunista, dichiarandosi apertamente contro tutti i dogmatismi. Delude così tanti compagni di lotta, tanti militanti garibaldini. Si rifiuta di entrare direttamente in politica, non ritenendosi adatto a tale ruolo. Si avvicina però al socialismo, convinto dall’amico Sandro Pertini, ma non prende la tessera del Partito Socialista.
In questo periodo collabora alla Fondazione Solidarietà Nazionale, creata dai ricostituiti partiti e dagli alleati, come segretario della Commissione Stampa e Propaganda, dove lavora anche Pietra, suo supervisore. Diventa anche capo sezione dell’Ufficio Storico del Comando Generale del Corpo Volontari della Libertà, incaricato di raccogliere materiale e testimonianze storiche sull’attività partigiana nell’Italia settentrionale. In questo compito mostra il suo spiccato interesse per la ricerca ed evidenzia tutte le sue capacità di coordinamento, di supervisione e di programmazione, capacità che dimostrerà nel lavoro di redazione svolto in seguito in tanti giornali.
Nei suoi articoli, apparsi sul settimanale Oggi, descrive in modo nitido, crudo e realistico le condizioni di impoverimento e di miseria della popolazione italiana nel dopoguerra. Racconta “l’arte del sopravvivere” messa in atto dalla maggioranza della popolazione e dallo stesso Murialdi, che deve collaborare a più giornali per potersi mantenere e vivere nella città di Milano. E’ un periodo in cui i giornali mostrano un grande sviluppo ed egli osserva tutte le innovazioni apportate dalla stampa quotidiana e periodica, pur tra la precarietà vissuta dagli organi d’informazione, ancora pervasi da un linguaggio retorico e dal privilegio delle notizie sensazionalistiche.
Nel 1946 passa alla redazione milanese dell’Avanti!, poi a quella dell’Umanità.
Fino all’agosto 1950 Murialdi lavora anche al settimanale L’illustrazione italiana della Garzanti. Approda nello stesso anno al Corriere della Sera, il principale quotidiano italiano, dove rimane, perlopiù con compiti di coordinamento, fino al 1956. In quello stesso anno si dimette, deluso dalla direzione del giornale, giudicata troppo conformistica alle linee dettate dal Governo e giudica il quotidiano privo di novità dal punto di vista giornalistico ed editoriale. Lamenta anche la mancanza di formazione dei redattori, in questo non solo rilevata nell’ambito del Corriere, ma, in generale, in tutta la stampa italiana. Accetta quindi l’incarico di vice capo redattore al quotidiano Il Giorno, appena fondato da Mattei e diretto da Gaetano Baldacci e poi dall’amico Italo Pietra. Si tratta di un giornale veramente innovativo, sia nella grafica, sia nei contenuti. Murialdi dimostra tutta la sua capacità di saper cogliere lo spirito nuovo proposto dai direttori e s’impegna nel confezionare le notizie, i resoconti, le inchieste in modo nuovo, immediato e documentato, sul modello della stampa inglese. Rimarrà al giornale per quasi un ventennio.
Nel 1973 diventa Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Il sindacato unitario dei giornalisti) e vi rimane fino al 1981. Durante la sua Presidenza tutti gli riconoscono il merito di essere stato l’artefice della “Legge di riforma dell’editoria”, che ha contribuito al risanamento del settore, al rinnovo tecnologico, alla difesa dell’occupazione e, soprattutto, a porre limiti alla concentrazione delle testate e, infine, a sviluppare il pluralismo dell’informazione. Nel 1976 fonda la rivista «Problemi dell’informazione». Dal 1986 al 1990 è tesoriere della Federazione Internazionale dei Giornalisti. E’ anche Docente di storia del giornalismo e della comunicazione di massa in diverse Università (tra l’altro la Bocconi e l’Università Statale di Torino) ed insegna in varie Scuole di Giornalismo. (Continua…)
Carlo Bolognesi
Sociologo
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