Ultimo Aggiornamento lunedì 30 Gennaio 2023, 7:22
Dic 14, 2022 Lifestyle, Società
Il raggio d’azione delle imprese partigiane è concentrato sulla Via Emilia (la statale numero 10 dell’alta Italia), lungo un vasto tratto, che parte da Voghera per arrivare nel piacentino e, a volte, nel territorio della provincia di Parma. Il compito svolto è di notevole importanza. Infatti, la statale è percorsa da truppe tedesche dirette verso Sud, approvvigionate da notevoli quantità di armi, leggere e pesanti, da molti viveri che devono rifornire i loro camerati stanziati nell’Italia Centrale. Ogni giorno i combattenti della Brigata Tundra attaccano i tedeschi, distruggendo i loro materiali, recuperando armi e viveri che servono non solo a sfamare i partigiani, ma anche le popolazioni collinari e montane, dove i combattenti operano. Nelle azioni riescono a recuperare divise tedesche, da usare poi per i successivi assalti, consentendo così di non essere subito identificati e di agire di sorpresa.
Le imprese vengono precedute da adeguati sopralluoghi, utilizzando spesso i militanti tedeschi. Con dovizia di particolari, Tundra racconta imprese ancora più audaci. Ad esempio, presso Porana, località vicino a Voghera, con l’aiuto di pochi uomini, Tundra riesce a disarmare un intero distaccamento tedesco, i cui militi sono intenti a mangiare, disarmandoli e prelevando mitraglie pesanti e leggere, oltre a due carrarmati, che sono pronti all’uscita dal distaccamento. Tutto il materiale reperito è portato in montagna, accompagnato da 16 prigionieri tedeschi.
La vita partigiana, tuttavia, non è costellata solo di successi. Nell’inverno del 1944 vi è una retata gigantesca, messa in atto dai tedeschi e dai fascisti che si spingono anche in alta montagna. Per mesi proseguono vaste operazioni di rastrellamento. In questo periodo gli alleati anglo americani fanno mancare il loro appoggio ai partigiani che si trovano in forte difficoltà. Tundra ricorda l’inverno, dove i combattenti devono nascondersi e, per farlo, ricavano buche nella neve dove restano per tutto il giorno, uscendo di notte per poter respirare e procurarsi un po’ di cibo. L’8 ottobre del 1944 il comandante viene ferito. Rimangono feriti altri 19 partigiani. Due di essi muoiono. La Brigata è sbandata. Il comandante, ferito alle gambe e ad un occhio, viene nascosto in montagna. Dopo pochi mesi Tundra ricostituisce la sua Brigata. Rivolgo poi la domanda relativa al giorno della Liberazione, chiedendo come l’ha vissuta. Il 25 aprile 1945 Tundra ricorda la discesa in pianura, portato in calesse (essendo ancora in convalescenza) accanto al suo gruppo. Incontra a Pavia alcuni fascisti con i quali operano alcune scaramucce e poi si dirigono a Milano, dove attaccano la Casa del Fascio, a Porta Vittoria, disarmando i fascisti presenti.
Alla fine della trasmissione radiofonica, il comandante ricorda, con commozione, e li elenca puntualmente, i tanti partigiani caduti durante le battaglie, oppure arrestati e fucilati sul posto. Tra questi, ricorda anche un partigiano bulgaro, ucciso dal generale Renzo Montagna, in frazione Monteceresino di Santa Giuletta, mentre, con i colleghi partigiani, tenta di penetrare nella casa del generale, allora capo supremo della Polizia della Repubblica di Salò. Ricorda i nomi di tante donne, staffette della Resistenza, alcune violentate ed uccise.
Infine parliamo del periodo post Liberazione. Tundra afferma che, nei mesi successivi al 25 aprile, avviene la smobilitazione dei partigiani. Lui è contrario. Ritiene che i partigiani debbano rimanere ancora in servizio, almeno per un breve periodo, necessario per non far riemergere gli esponenti fascisti ed i loro collaboratori che arriveranno ancora, purtroppo, ad occupare posti e alte cariche nello Stato e a perpetrare attentati e stragi, com’è avvenuto, tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, attraverso la “strategia della tensione”.
Carlo Bolognesi
Sociologo
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