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Lug 29, 2019 Cultura, Teatro & Cinema
Foto della Locandina da NCMedia
Il primo agosto uscirà in tutte le sale cinematografiche “La sera della prima”, prodotto da Bloopers Srl, per la regia dell’eclettica Loretta Cavallaro, laureata in filosofia, ma anche giornalista, autrice e master chef. Il film racconta la storia di Marino (Francesco Tripodi), un giovane imprenditore del nord, costretto ad andare a Napoli per vendere la vecchia casa della madre, morta da poco. In quella casa, chiusa da quando la donna aveva lasciato la sua città per sposare “il milanese”, il giovane ritrova un copione. Il testo trasuda bellezza, ideali e una vitalità tale da spingere Marino a mettersi sulle tracce della vecchia compagnia della madre per renderle un omaggio postumo: portare in scena quella commedia da lei scritta.
La pellicola, che abbiamo visto in anteprima, punta sulla comunicazione di valori positivi attraverso una storia tenera e allo stesso tempo avvincente. Insieme ad un cast brillante (Francesco Tripodi, Paola Casella e Massimiliano Colonna e con la partecipazione straordinaria di Enzo Cannavale e Fausto Mesolella.), dal film emergono alcuni “protagonisti” forti di cui abbiamo voluto discutere con Loretta Cavallaro, che è regista, ma anche ideatrice e sceneggiatrice del film (insieme a Tripodi).
Dall’inizio alla fine, la narrazione è dominata dalla presenza-assenza di Anna, madre di Marino e autrice di un copione che non ce la fa a stare confinato in un baule polveroso. Questa “protagonista” non ha un’interprete, ma è lei a muovere le fila di tutto con un’intensità e una forza di fatto immortale. Chi è davvero Anna?
In fondo, Anna sono io, pur essendo viva. Anna rappresenta chi crede che l’arte possa riscattare l’umanità. Noi non siamo ciò che mangiamo, ma, come sosteneva Schopenhauer, la tipicità dell’uomo è quella di stupirsi. L’immaginazione, la creatività, la letteratura, l’arte, la cultura ci rendono un po’ immortali. E il cinema, in qualche modo, sintetizza tutto questo. Inizialmente la sceneggiatura si apriva con una frase del regista Kurosawa: “Il cinema racchiude in sé molte altre arti”. Infatti, ci sono le arti figurative nella scenografia, c’è la scrittura, c’è la fotografia. Quindi il cinema ci è sembrato lo strumento migliore per raccontare questa visione della vita, questa aspirazione a diventare immortali attraverso l’arte.
In un passaggio del testo, Marino definisce la bellezza fuori dagli schemi come un valore dell’umanità, costituito da forza, determinazione, creatività, intelligenza e libertà di esprimersi. Secondo lei, quanto è presente questa bellezza fuori dagli schemi nel mondo dell’arte?
Quando abbiamo girato il film, volevamo contrastare l’idea di bellezza esteriore che proponeva la tv – e ancor di più oggi la rete – attraverso stereotipi fatti di corpi perfetti, esaltati nei reality che di reale non hanno niente. Quegli schemi di bellezza, privi di poesia, hanno prodotto degenerazioni importanti; pensiamo agli adolescenti che non hanno un buon rapporto col proprio corpo, che si spingono fino al suicidio perché non si sentono belli. Abbiamo voluto evidenziare questa contrapposizione in alcune scene. Ad esempio quando la poetica di Marino, che si ispira ai grandi della letteratura e del teatro, si scontra con gli schemi della ex fidanzata, soubrette che partecipa a un reality perché è così che va il mondo.
Un altro grande “protagonista” di questo film di cui vorrei parlare con lei è il teatro, la grande passione di Anna e dei suoi compagni. Nel film, la maggior parte di loro ha percorso strade diverse e chi aveva insistito con il teatro sembra essere condannato alla fame. Quindi un teatro con tanti rimpianti, ma anche con quel “sacro fuoco dell’arte” che nemmeno la morte sembra spegnere.
Il teatro è il grande rimpianto di tutto il film. Sia io che Francesco Tripodi, così come buona parte del cast, veniamo dal teatro. Io negli anni ’90 ho fatto più di 8 regie teatrali, ho scritto tanto per il teatro. L’idea del film inizia a prendere corpo dall’incontro con Francesco, che aveva una compagnia amatoriale. Questa è un po’ la loro storia, nel film, poi, molto romanzata. Il teatro è rimasto un grande rimpianto per la nostra generazione, perché l’abbiamo visto morire. Noi ne siamo usciti soltanto con le ossa un po’ rotte. Dico soltanto perché c’è stato anche chi pur di inseguire un sogno si è fortemente indebitato. In Italia purtroppo c’è stato un regresso: non si producono molte opere teatrali, si legge sempre meno e la responsabilità è della cattiva gestione dei fondi pubblici, che non ha premiato i veri talenti. Questo è il grande rimpianto dentro il film; ma questa è anche la nostra speranza, la speranza, cioè, di poter continuare a fare ciò che ci mantiene sempre giovani.
E veniamo a Napoli, altro grande “protagonista” del film. Napoli mette paura e allegria, dice un attore. Qual è secondo lei il vero volto di Napoli?
Da quando è stato scritto, nel 2008, il film è stato proposto in diverse sedi per ottenere dei finanziamenti. La prima volta che l’abbiamo presentato in commissione ministeriale era in competizione con Gomorra che dà una visione di Napoli, purtroppo reale, ma fatta solo di camorra, di violenza. Noi volevamo raccontare il vero volto di Napoli, quello che rappresenta la maggioranza: colta, operosa, talentuosa, cosmopolita, di alto profilo. Oggi, a qualche anno di distanza, è ancora più bella, più pulita, più accogliente e finalmente si comincia a parlare di Napoli come città d’arte. In questo noi siamo stati forse profetici, perché abbiamo visto la bellezza di Napoli quando altri vedevano solo violenza. Io, da giornalista, mi sono occupata anche di Maggio dei Monumenti a Napoli. Ricordo che c’era un programma di altissimo livello culturale e come responsabile dell’ufficio stampa volevo promuovere questi eventi, ma spesso mi sono sentita dire che Napoli faceva notizia solo quando c’era il morto. Napoli è altro. Io credo, che il vero volto di Napoli sia ben rappresentato da Francesco Tripodi. Con me è stato sceneggiatore in questo film, ma è anche il produttore e uno degli interpreti. È stato eccezionale perché si è dato da fare per trovare i finanziamenti, aveva sempre il pensiero di gestire bene, stava attento che tutti venissero puntualmente pagati. Alcuni dei suoi veri affanni sono stati “rubati” e inseriti nella pellicola. Ecco, lui è un vero napoletano, e ovviamente non è un camorrista.
Ora che conosciamo tutti i “protagonisti”, siamo davvero pronti per “La sera della prima”!
Angelina Marcelli
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