Ultimo Aggiornamento venerdì 22 Settembre 2023, 5:02
Mag 21, 2019 Attualità, World Wide
Elaborazione di Taras Yeher per FlipMagazine
Le prossime consultazioni europee del 26 maggio hanno dato vita ad una campagna elettorale che ha avuto come epicentro temi importanti quali la gestione delle frontiere e della politica migratoria, l’ambiente, la sicurezza. Sul piano economico, la discussione ha riguardato il commercio internazionale, le politiche economiche e il welfare. In discussione è anche il futuro assetto istituzionale dell’Unione Europea (UE). La Brexit in primo luogo, ma anche l’avanzata dei partiti sovranisti, nazionalisti e addirittura nostalgici delle dittature del passato hanno animato uno scontro fra favorevoli e contrari all’Europa, scontro che talvolta non ha assunto neppure contorni ben delineati.
La crescente adesione a questi movimenti politici estremi rischia di tradursi, in questo particolare momento storico, nella negazione stessa dell’idea di Europa, che nasce sulle ceneri della seconda guerra mondiale, causata proprio dalle dittature.
In molti dimenticano che l’idea di Unione Europea nasce da un progetto di integrazione economica concepito a partire dal 1949.
Tutto il periodo che comprende il primo e il secondo conflitto mondiale aveva gravemente messo in discussione il ruolo egemone che L’Europa aveva guadagnato nel XIX secolo. Il primo dopoguerra era stato gestito in totale assenza di cooperazione internazionale e i risultati non tardarono a giungere. Nel 1922 Mussolini prese il potere facendo leva sul sentimento nazionalista degli italiani che lamentavano una “vittoria mutilata” ad esito del primo conflitto mondiale. La Germania attraversò un gravissimo periodo di crisi caratterizzato da iperinflazione; Francia e Gran Bretagna non riuscirono a riappropriarsi del loro ruolo di potenze centrali a livello mondiale, perché troppo indebitate con gli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti, dal canto loro, non cogliendo appieno il ruolo egemonico che la guerra aveva loro conferito, non seppero gestire la crisi del ’29, se non esportandone gli effetti negativi in tutto il mondo.
A questo si aggiunga che l’ordine mondiale non riuscì a trovare un equilibrio, che non rientrava tra gli obiettivi né del comunismo russo, né del fascismo italiano né del nazismo tedesco.
L’idea di un’area europea integrata economicamente emerse soltanto nel secondo dopoguerra. L’Europa, nel quadro della Guerra Fredda (durata fino al 1989), fu divisa in zone di influenza: la zona occidentale sottoposta all’egemonia americana e quella orientale soggetta al dominio sovietico.
Il processo graduale di integrazione economica e politica dell’Europa a partire dal 1949, che ha portato nel 1957 alla Comunità economica e nel 1993 all’Unione europea costituisce, dunque, la migliore risposta che si potesse trovare a quelle contingenze storiche. Contingenze che sembrano dimenticate se addirittura ancora oggi esiste qualche “nostalgico” dei totalitarismi.
Allora forse il punto della questione è: di cosa si ha realmente nostalgia? Perché la storia fatica a dare lezioni?
Forse perché l’uomo decide in base alle informazioni che possiede hic et nunc e considera una minaccia tutto ciò che mette a rischio la sua immediata sopravvivenza. Forse perché quest’Europa non ha dato segnali di forte coesione interna e non è riuscita a garantire appieno la crescita economica auspicata dalla popolazione.
Angelina Marcelli
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