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Mag 27, 2018 Cultura, Teatro & Cinema
Sugli schermi del cinema internazionale Léa Seydoux ha un posto che si sta consolidando.
Grazie a Spectre, La vita di Adele, che brillò a Cannes pochi anni fa e le brevi, ma efficaci collaborazioni con Tarantino in Inglorious bastards e con Woody Allen in Midnight in Paris, ha di fronte la possibilità di scegliere i titoli giusti.
A onor del vero, la trentenne parigina Léa Seydoux, rampolla di una facoltosa famiglia di produttori, non ha lavorato molto dopo il trionfo di Cannes, ma la ragione è semplice.
Un film duro e drammatico, con molte scene di sesso come La vie d’Adèle di Abdellatif Kechiche, segna sempre una carriera e, i produttori faciloni, spesso ti identificano con le scene di sesso.
Dato che Léa Seydoux è un’interpreta preparata, spontanea e tecnica insieme, con una gamma espressiva notevole, si è fermata e ha scelto i suoi film successivi, con maniacale attenzione.
E ha fatto bene. Non si è persa nel cinema commerciale che in Francia è comunque un cinema dignitoso, ha fatto poche apparizioni, si è risparmiata alle facili platee ed è apparsa credibile come giurata, all’ultimo Festival di Cannes.
Certo, rimane indimenticabile la sua interpretazione di Emma, la ragazza dai capelli blue che condivide una passione intensa e bruciante, breve come tutte le passioni, per la più giovane e smarrita Adéle, fino alla fine, fino alla maturazione del ricordo.
In quel ruolo Léa è bella, elegante e sfrontata, seducente e travolgente. Un ciclone di sesso e presenza, un’interpretazione che rivela un’attrice completa, che passa dal riso al pianto, dall’orgasmo alla tristezza con una credibilità che, in quel ruolo, solo un’attrice di serie A poteva affrontare.
Robertino Rossi
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