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Ott 28, 2019 Arte & Musica, Cultura
Roma
Ci sarà tempo fino al 29 marzo 2020 per visitare Frida Kahlo. Il caos dentro presso il SET – Spazio Espositivo Tirso.
La mostra sensoriale, curata da Sergio Uribe, Alejandra Matiz, Ezio Pagano e Maria Rosso, si snoda attraverso circa 20 sale a tema che consentono al visitatore di immergersi totalmente nel mondo della pittrice messicana più famosa del Novecento.
Tre, a nostro parere, sono i punti di forza di questa mostra.
Il primo risiede nella tecnica ricostruttiva della storia, una storia che vede tre grandi protagonisti: Diego Rivera, Frida Kahlo e la sua profonda sofferenza generatrice di creatività.
Frida (1907-1954), infatti, non sarebbe stata l’artista iconica che tutti conosciamo se non avesse incontrato Diego Rivera, affermato artista, noto per le sue pitture murali e per il suo impegno politico. La storia d’amore tra i due, coinvolgente e appassionata seppur tra alti e bassi, ha segnato la vita della donna. Tutt’altro che bello, Diego, a causa di ripetuti tradimenti, è stato per Frida anche motivo di profonda sofferenza, che si sommava a quella fisica straziante dovuta a un incidente subito all’età di diciotto anni che le spezzò la spina dorsale e all’afflizione causata dai ripetuti aborti.
Nei diversi percorsi tematici, emerge con evidenza come nella carriera della Kahlo, la sofferenza – il caos – abbia generato in lei un personalissimo linguaggio artistico caratterizzato da un realismo violento e visionario, che si percepisce chiaramente nelle opere proposte in formato Modlight.
Il secondo punto di forza dell’esposizione è la ricostruzione dei luoghi-simbolo di Casa Azul, dove Frida trascorse l’infanzia e dove poi si trasferì con Diego e che oggi accoglie il museo a lei dedicato. Percorrendo lo spazio espositivo, il visitatore può soffermarsi ad osservare la camera da letto, lo studio e il giardino perfettamente ricostruiti. Alla sensazione di entrare furtivamente nell’intimità di quelle mura domestiche si aggiunge poi la consapevolezza di dettagli che permettono di riconoscere in alcuni oggetti la fonte delle sue ossessioni. Lo specchio montato dalla madre sopra il baldacchino per consentirle di guardarsi durante i mesi di immobilità rappresenta, ad esempio, l’origine delle autorappresentazioni che la resero celebre. Ma è soprattutto l’atelier, lo studio, che impressiona; si tratta di un ambiente molto vissuto e che rappresenta perfettamente quel caos personale che dal dolore genera bellezza.
La fotografia è il terzo punto di forza della mostra. Nel percorso, lo spettatore acquisisce una più profonda comprensione delle relazioni di Frida con il marito, attraverso gli scatti del fotografo Leo Matiz, che testimoniano un amore forte e tormentato. La fotografia, inoltre, riesce a rivelare le relazioni sentimentali, amicali, intellettuali e artistiche che hanno segnato e tormentato la vita di Frida. Ritraendola nei suoi spazi di quotidianità, Matiz ha colto e trasmesso tutte quelle suggestioni che rendono il personaggio più umano e reale. Non ultimo, questi scatti consentono anche di scorgere quella bellezza che Frida si è negata negli autoritratti.
Angelina Marcelli
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