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Gen 27, 2014 Cosa bolle in Pentola
Nell’era dominata dalla Rete e dalle connessioni veloci che rendono tutto acquistabile online senza confini di tempo e di spazio, siamo abituati a fare spese con un clic comodamente seduti davanti agli schermi dei nostri pc, mentre selezioniamo i beni direttamente da uno scaffale virtuale. Scegliamo dal web gli itinerari dei nostri viaggi, gli alberghi in cui dormiremo, i menù che degusteremo; facciamo shopping attraverso gi online store grazie alle foto dei capi che ruotano a 360° di fronte ai nostri occhi. Dapprima guardinghi nei confronti degli acquisti in rete, ne siamo via via diventati degli habituè, consapevoli che oramai le informazioni che viaggiano in rete ci consentono di acquistare un prodotto efficace, personalizzabile e sicuro.
Solo poche tipologie di prodotti, tra cui le opere d’arte, sono rimaste ancora appannaggio dei tradizionali canali di vendita legati a luoghi fisici, in cui è possibile vedere il prodotto dal vivo e instaurare un rapporto one to one, con un venditore di fiducia. Anche in questo mondo però qualcosa comincia a cambiare e internet sta rivoluzionando profondamente le logiche che dominano il settore. Basti pensare al Google art project lanciato nel 2011, che utilizzava il sistema dello street–view per farci fare una passeggiata virtuale tra i corridoi dei più celebri musei del mondo. Ma ancora più interessante è il caso del sito Artsy.com. Nel maggio del 2010 Carter Cleveland, giovanissimo ingegnere informatico ventiseienne – non a caso inserito nella classifica degli under 30 più influenti al mondo secondo Forbes – e Sebastian Cwilich, ex dirigente della celebre casa d’aste Christie’s, dal loro headquarter newyorkese hanno lanciato questo portale la cui missione è rendere tutta l’arte del mondo accessibile a chiunque abbia una connessione Internet. Ma come? I due fondatori hanno creato una piattaforma online in cui è possibile scoprire, conoscere e collezionare opere d’arte. Non si tratta di un sistema che sottrae visitatori ai musei o clienti alle gallerie o alle case d’asta, semmai può costituire per queste realtà un’occasione di visibilità ancora maggiore. I principali guru del mondo dell’arte, così come le istituzioni, sembrano averlo capito e apprezzato. Ad oggi un network di 170 importanti musei, fondazioni e istituzioni artistiche contribuisce a fornire le informazioni utili a far conoscere le opere d’arte. Ben 1.500 gallerie utilizzano questo canale per promuovere le proprie collezioni, tra cui Larry Gagosian, Paul Kasmin, Honor Fraser. La collezione proposta è giunta così a comprendere attualmente più di 85.000 opere prodotte da più di 15.000 artisti provenienti da importanti fiere d’arte, gallerie, musei e istituzioni artistiche. Artsy si attesta così come uno dei più grandi provider di opere d’arte contemporanea del mondo. Il sito apre le porte agli appassionati collezionisti, ma anche a chi non è un esperto del settore. Ce n’è per tutti i gusti, dalle opere a basso prezzo, fino a un mercato destinato a commercianti di fascia alta e a esperti collezionisti, con un range di prezzo che va dai 1,000 $ fino a 1,000,000 $. La valutazione delle opere tiene conto di diverse caratteristiche, tra cui il movimento storico-artistico di appartenenza, la materia e la tecnica, le qualità formali, messe in evidenza da equipe di seri studiosi e critici di fama mondiale. Artsy sta riscuotendo un grande successo; ad oggi, oltre 4 milioni di visitatori unici hanno esplorato la piattaforma, che vanta un database di utenti registrati di oltre 215.000 persone provenienti da 186 diversi Paesi. La distanza media tra un acquirente e un venditore su Artsy ammonta a oltre 2.400 miglia. Una vera galleria intercontinentale. Per ora in Italia si sente poco parlare di questo sito, complice forse anche la crisi o un profondo e preoccupante disinnamoramento tra la nostra società e la cultura. Chissà però se questo nuovo strumento riuscirà a rendere davvero l’arte più accessibile a tutti e a rinvigorire, forse a salvare, un settore che negli ultimi anni sta soffrendo in preda a una profonda crisi.
Barbara Pellegrini
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