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Gen 14, 2019 Attualità, Italia
Roma
In occasione dell’ottantesimo anno dalla promulgazione delle leggi razziali, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto che al Quirinale fosse allestita una mostra per raccontare ai giovani gli orrori causati da razzismo e discriminazioni, imposti dalla dittatura fascista e che ciclicamente ritornano di grande attualità.
“1938: L’umanità negata. Dalle leggi razziali ad Auschwitz” è un percorso multimediale curato da Giovanni Grasso e da Paco Lanciano, che si sono avvalsi della prestigiosa collaborazione dell’Istituto LUCE – che ha assicurato la proiezione di documenti e filmati d’epoca -, dell’Istituto Treccani e di Rai Cultura. La mostra, da vedere assolutamente, si potrà visitare fino al 10 febbraio e non è escluso che in seguito possa trovare una sede espositiva permanente.
Francesco e Bruno – nomi di fantasia – sono in qualche modo i protagonisti della mostra e rappresentano la generazione dei reduci che avevano difeso l’Italia durante la prima guerra mondiale, indipendentemente dal loro credo. Il primo è cattolico, il secondo ebreo. Le loro storie, fino a un certo punto, procedono parallelamente; trovano un lavoro dignitoso, si sposano e i loro figli frequentano la stessa scuola. I loro destini, però, sono destinati a cambiare con l’ascesa al potere del fascismo che non tarderà a manifestare il suo volto violento. Con le leggi razziali del 1938 Mussolini insinua distinzioni che ben presto si trasformeranno in separazione.
Scendendo nei dettagli di questa pagina oscura della nostra storia, la narrazione vuole scuotere le coscienze, anche dei più giovani e mostrare come la persecuzione non si sia fermata nemmeno nei confronti dei bambini ebrei, che venivano espulsi da una scuola ormai venuta meno alla sua nobile funzione. Il regime fascista aveva inquinato il sistema educativo, insegnando ai ragazzi a credere, obbedire, combattere e, in fondo, anche a non farsi troppe domande su quei compagni che all’improvviso non si presentavano più in classe, colpevoli solo di non appartenere alla razza ariana.
Nel racconto, la famiglia di Bruno viene prima discriminata, poi catturata e deportata nei campi di sterminio di Auschwitz. I curatori scelgono di non mostrare le immagini più crude, ma spiegano a chiare lettere come sia stato possibile disumanizzare degli esseri umani, fino ad arrivare al genocidio.
Nell’incedere dell’esposizione è difficile non rimanere colpiti da frasi quali: “pochi si sono accorti”, e “gli italiani preferiscono non sapere e non vedere cosa succede intorno a loro. Scelgono l’indifferenza”. Sotto accusa è proprio l’indifferenza. L’indifferenza di quegli italiani che non hanno saputo scorgere la pericolosa intolleranza celata dietro il Manifesto della razza e l’indifferenza di chi, ancora oggi, si rifiuta di riconoscere e di avversare i nuovi razzismi, perché, come diceva Primo Levi – e nella mostra viene ricordato più volte : “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono di nuovo essere sedotte e oscurate: anche le nostre”.
Angelina Marcelli
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