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Giu 05, 2018 Cultura, Teatro & Cinema
A inizio agosto Joan Baez si esibirà a Roma nel suo Tour d’addio alle scene, iniziato qualche mese fa in giro per il globo.
Abbiamo assistito tante volte alle sue esibizioni dal vivo, a New York, Londra, Parigi, Miano, Roma e ci ha sempre trasmesso tante emozioni.
Aveva una singolare estensione vocale e un vibrato unico che, solo lei, sapeva utilizzare come uno strumento melodioso.
Lei newyorkese, cantante e autrice, aveva conosciuto il successo fin da ragazzina, prima accompagnandosi con la chitarra e poi sperimentando ogni genere di band e di grandi orchestre.
A differenza della maggior parte degli artisti statunitensi, si esibiva anche in altre lingue, in spagnolo, in francese, in italiano. Amava il nostro Fabrizio De André, aveva diffuso in tutto il mondo la sua versione di C’era un ragazzo che come me, di Mauro Lusini, cantata in italiano da Morandi. Aveva collaborato con Ennio Morricone per il film Sacco e Vanzetti ed era nato un capolavoro planetario come Here’s to you.
Joan ha avuto successo e un grande seguito, in tutti i Paesi del mondo e, con il trascorrere degli anni, la sua voce non è mai invecchiata, è rimasta pura e cristallina.
Ancora adesso fa venire i brividi, basta ascoltarla quando intona Don’t cry for me, Argentina.
Da vera artista non teme confronti, ha cantato di tutto, tante cover di altri, da Bob Dylan in poi, rimanendo sempre se stessa, protagonista e personalissima, unica e inimitabile.
Joan Baez rimarrà nel cuore e nelle orecchie di chi l’ha sempre seguita, come noi, o di chi l’ha scoperta nel trascorrere degli anni. E’ un’artista e una donna senza tempo.
Da sempre attivista dei diritti civili, determinata e ribelle, ha sempre condotto le sue battaglie con la classe di una primadonna.
La salutiamo e, per consolarci del suo addio alle scene, consigliamo di ascoltare e riascoltare We shall overcome, le sue cover di Like a rolling stone, Blowing in the wind e la sua storica Diamonds and rust e, chiudendo gli occhi, i ricordi affiorano e fluttuano indelebili.
Mauro Pecchenino
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