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Feb 26, 2018 Cultura, Teatro & Cinema
Sangue del proprio sangue, il figlio frutto dell’amore di padre e madre. Padre. Madre. Ma “L’avvenire e l’eternità è solo delle donne che possono avere figli!”. Perché il padre, lui, non è mai certo, la madre invece si.
Il dubbio e l’incertezza che conducono alla follia di un uomo, il Capitano, è la trama de “Il padre”, la potente tragedia del tormentato autore svedese, Strindberg.
Lo spettacolo con la produzione del Teatro della Toscana, dopo la tappa milanese all’Elfo Puccini, prosegue la sua tournée a Torino, Genova per poi concludersi a Udine. La regia è curata dall’incredibile Gabriele Lavia, anche in scena con Federica Di Martino nelle vesti della protagonista Laura, che con la sua astuzia e perfidia costruisce il suo piano per sgretolare l’onore, le certezze e la virilità di suo marito.
“Personaggio complesso quello di Laura, distante anni luce da me”, ci confessa la Di Martino, che abbiamo intervistato per i lettori di FlipMagazine. “Avevo già visto diverse interpretazioni di questo testo e di questo soggetto, ma il mio studio e la mia sfida è stata quella di farne un personaggio non solo cattivo”, aggiunge. Infatti nel suo essere cheta e mai aggressiva, Laura nella sua essenza di donna tende a interiorizzare e ad esprimersi con sguardi e silenzi dalla forza distruttiva e manipolatrice.
I due tempi dello spettacolo, un po’ lunghi ma intensi, coinvolgono profondamente gli spettatori che assistono alla composizione delle due individualità di coppia, durante un momento delicato: la decisione del futuro della propria figlia. Così in una scena alto borghese, avvolta da un sinuoso ed elegante velluto rosso sangue, si assiste all’omicidio psicologico del Capitano – interpretato da Lavia – intrappolato nell’astuto e perverso gioco di Laura che ne frantuma gradualmente la sua fermezza e mascolinità.
“Una lotta fra sessi” asserisce ancora la Di Martino “in un testo dell’Ottocento quanto mai attuale!”
La ricerca interpretativa del suo personaggio è molto accurata e si evince anche dallo studio sul corpo; infatti, dalla rigidità e apparente sottomissione nel primo tempo, amplificata dall’opprimente abito ottocentesco, nel secondo tempo la donna ostenta la sua sicurezza e malizia, avvolta in una morbida vestaglia con morbidi capelli sciolti. Di contro il Capitano, da lucido studioso dai valori ineccepibili, si fa confuso, balbetta e trema, in preda ad una crescente e totalizzante incertezza sulla sua paternità. Musiche, luci, colori e alternanza di personaggi chiave, la pièce presenta una storia profondamente introspettiva, con i due protagonisti interpretati da Lavia e Di Martino, anche compagni nella vita. Ma la Di Martino ci racconta: “Siamo insieme da quindici anni, ma in scena abbiamo un rapporto distaccato, in questo ci somigliamo molto. Durante le nostre performance guardo il mio collega, non mio marito e per me è un privilegio recitare con lui, riesce a stupirmi ogni volta, ad offrirmi stimoli nuovi, mi arricchisce.”
Una coppia creativa vincente, che tra esperienza e motivazione mirata all’eccellenza e originalità teatrale, offrono al pubblico uno spettacolo coinvolgente e di qualità.
Eleonora Dafne Arnese
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