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Set 29, 2016 Arte & Musica, Cultura
Alpha & Omega (2013-2016), Betye Saar. Pictured by Sara Angelino
Milano
Non si smentisce nemmeno stavolta la sensibilità che Fondazione Prada, a Milano, riserva a tematiche attuali ed estremamente controverse, mettendo in calendario una antologica dedicata a Betye Saar.
Fino all’8 Gennaio, “Uneasy Dancer” è la prima esposizione in Italia dell’artista americana (Los Angeles, 1926) che riunisce 80 opere tra installazioni, assemblage, collage e lavori scultorei, realizzati tra il 1966 e il 2016 e che racconta – come una sorta di “flusso di coscienza” e con una suggestiva e inusuale narrativa – l’identità afroamericana, gli stereotipi razziali e sessisti radicati (ancora oggi purtroppo!) nella cultura americana, la memoria femminile, il mistero e la bellezza. Opere dense di significato, che sembrano ipnotizzare l’osservatore, attento a coglierne e interpretarne il senso di ciascun simbolo. Così, piccole valige o custodie di strumenti musicali schiudono un’iconografia estremamente articolata, composta da fotografie, cimeli, oggetti riciclati o simboli religiosi, che fanno riferimento a temi come l’esistenza umana, la famiglia, la comunità e la società.
La mostra realizzata nell’ala Sud della Fondazione racchiude anche un’incredibile installazione Alpha & Omega (2013-2016). Una piccola stanza circolare, tutta azzurra, in cui ogni oggetto sembra rimandare alla stanza dei giochi dei bimbi. La simbologia di questa opera, però, si allontana dall’aspetto ludico percepito di primo acchito. Infatti, giochi, sedioline, gabbiette che ingabbiano uccelli e mappamondi, orologi senza lancette e una griglia di candele sciolte, sembrano alludere al viaggio, alla caducità del tempo e alla libertà negata. Come afferma la curatrice, Elvira Dyangani Ose: “Saar confonde i confini tra arte e vita, tra piano fisico e metafisico.”
Ecco che, il carattere spirituale e incredibilmente umanistico della produzione dell’artista introduce gli astanti in una prospettiva di riflessione profonda, che li coinvolge intimamente.
Eleonora Dafne Arnese
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